Sostenibilità

Haōma: come una fattoria thailandese è diventata ristorante stellato a scarto zero

di:
Chiara Marando
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copertina haoma

Nel centro di Bangkok, lo chef Deepanker “DK” Khosla porta avanti Haōma, la prima fattoria urbana e ristorante a rifiuti zero della Thailandia, premiato con una stella Michelin e stella Verde Michelin per il grande impegno nell’ambito della sostenibilità.

LA STORIA

Fattoria rigenerativa a Bangkok”, un concetto molto strano se si pensa al suo significato, alla sua applicazione pratica e al luogo in cui questo prende forma. Un posto che certamente non richiama alla sostenibilità, piuttosto al brulicare di persone e a un livello di inquinamento sicuramente sopra la media. Eppure, proprio a Bangkok, proprio all’interno dei confini cittadini, quella fattoria rigenerativa esiste. A crearla e portarla avanti con convinzione, dedizione e passione è uno chef che ha unito il concetto di ristorazione con quello della coltivazione e allevamento dall’atmosfera bucolica e armoniosa. Lui è Deepanker “DK” Khosla, chef del ristorante stellato tailandese Haōma, che ha saputo riscrivere e reinterpretare l’autentica cucina pan-indoeuropea in modo da raggiungere un chiave sostenibile. Haōma, la prima fattoria urbana e ristorante a rifiuti zero della Thailandia, si basa su un'idea semplice: presentare piatti raffinati, di grande gusto e particolarità, capaci di far sentire bene.

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DK si distingue per la filosofia culinaria, alleva animali, coltiva alberi da frutto erbe e verdure sul terreno che ospita il ristorante, proprio al centro di Bangkok, all'intersezione delle due principali linee ferroviarie. Non esiste massimizzazione degli spazi, anzi lo chef rinuncia a una notevole quantità di posti a sedere in favore della sua fattoria urbana con orti rialzati, stagni per pesci che vengono riforniti di acqua dalla pioggia, nel segno della circolarità energetica e naturale. Perché la convinzione di Khosla è che non sia troppo tardi per ripristinare e salvaguardare il nostro ecosistema, il cibo e la comunità in cui viviamo. E d’altronde, non sorprende questo impegno nell’ambito del green e del rispetto per l’ambiente che dimostra e mette meticolosamente in pratica.

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A fare la differenza sono le sue origini, l’educazione ricevuta fin da piccolo. Nato e cresciuto nella città di Allahabad (l’attuale Prayagraj), la prima in India a essersi liberata dalla plastica nel lontano 1995, ha potuto osservare l’esempio dei genitori da sempre impegnati nel riciclo e nell’utilizzo di sacchetti derivati da vecchie lenzuola per raccogliere pomodori, coriandolo, cetrioli e peperoncino che coltivavano nel loro orto. Non a caso DK, ancora oggi, cucina con un grembiule ricavato da una vecchia tovaglia, in una sorta di omaggio a ciò che la famiglia gli ha insegnato ma soprattutto di profonda convinzione verso quel concetto di sostenibilità che lui ha reso vera e propria filosofia di vita. Una filosofia che desidera tramandare: “non mi interessa veramente salvare il pianeta. Mi interessa solo salvare mio figlio, mia moglie e le 40 o 50 persone che lavorano per me”, aveva raccontato in occasione di una intervista per World's 50 Best Restaurants

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Certamente, le sue scelte, un contributo al benessere del pianeta lo danno. Non c'è quindi da meravigliarsi che, insieme alla stella Michelin guadagnata da Haōma nel 2022, detenga l'unica stella verde Michelin a Bangkok, nonché unica per un ristorante indiano. L’anno prima, nel 2021, ha ricevuto il premio Champions of Change dai 50 migliori ristoranti del mondo, per il suo lavoro nell’aiutare "comunità di senzatetto e prive di sostentamento alimentare”, e migranti senza lavoro, durante le chiusure pandemiche.

LA CUCINA

La cucina che DK presenta non è solo sostenibile, ma raffinata, memorabile, creativa e pioneristica in un mercato come l’India, dove sostiene “la quantità è largamente dominante rispetto alla qualità”. Ma da sempre, e soprattutto nel suo ristorante, lui voleva fare di più. Lasciare un segno distintivo. “Vorrei fare lo chef in tutte le mie sette vite, così da potermi esprimere e osservare le reazioni delle persone. Ecco perché il mio menu ha 22 espressioni”.

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Neo-indiana, così Khosla definisce la sua idea culinaria, "cibo indiano cucinato da un indiano che è nato lì ed è andato in giro per il mondo. La nostra cultura è molto ricca. Il nostro patrimonio è molto ricco”. Due i menu degustazione tra cui scegliere, a cui si aggiungono altri due percorsi che cambiano in base alle festività da una parte, e al pranzo del weekend dall’altra. Con queste proposte, lo chef conduce gli ospiti in un viaggio alla scoperta dei sapori dell’India. Piatti complessi e al tempo stesso comprensibili, che racchiudono tutto il suo vissuto, il legame con la sua terra, la tecnica, i viaggi. Ma soprattutto il rispetto e la concretezza di chi sta portando avanti una idea. Un valore.

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